venerdì 20 dicembre 2013

Perché è importante che la farina sia macinata a pietra.

 

 

Le farine integrali ricche di germe e crusca sono le uniche che corrispondono al tipo che per secoli ha alimentato l'umanità.



Il ritmo è molto importante nella vita dell'essere umano...
...il ritmo del respiro il ritmo del battito del cuore quindi anche per ottenere una farina viva bisognerebbe seguire un ritmo nella macinatura naturale cioè non troppo violento.
Purtroppo le macinazioni moderne industriali sono molto veloci ed utilizzano cilindri che girano alla velocità di 300-350 giri il minuto contro gli 80-100 dei vecchi mulini con macina a pietra questo scalda la farina che si danneggia perdendo parte della sua forza nutritiva, ossidando preziosi elementi, estromettendo il prezioso germe e le parti esterne del chicco.
Parti che poi andranno ad essere vendute come prodotti dietetici separati dal suo contesto originale perdendone quindi il valore nutrizionale.
Le migliori farine per la nostra salute erano e debbono ancora essere quelle integrali macinate a pietra, solo così si ottiene un prodotto le cui fibre puliscono l'intestino dalle tossine e dal colesterolo, svolgendo anche un'azione regolatrice sull'assorbimento dei glucidi e sul transito intestinale.
In ragione di queste qualità le fibre vegetali hanno un‘azione profilattica sul diabete, sulle malattie intestinale, cancro dell'intestino, malattie cardiache e tensione arteriosa.
Caratteristica essenziale però è che devono essere di fresca macinatura ideale sarebbe quindi macinare la farina al momento di utilizzarla. 

Impariamo ad utilizzare solo farina macinata a pietra....
ciò garantisce al chicco di rimane interamente nella farina che esce dalla macina e la crusca non viene separata durante la fase di macinatura riuscendo così a preservare le proprietà lipidovitaminiche della farina stessa, grazie alla ridotta velocità di macinazione che ne evita il surriscaldamento.
Inoltre, con il processo di molitura a pietra si preserva anche il germe del grano, contenente sostanze proteiche particolarmente preziose, che con i processi di raffinatura industriali andrebbe invece eliminati.
La macinazione a pietra ha un'esperienza plurimillenaria, produce una farina a granulometria irregolare, una più elevata presenza di crusche e totale conservazione del germe.

E' conoscenza popolare che la farina macinata a pietra sia molto più saporita ricca e digeribile. La differenza è ancora piu' sensibile quando si macinano cereali di elevata qualità poichè proprio nel germe, che questo tipo di macinazione riesce a conservare, è contenuta la parte più nobile e saporita del seme.
Il vecchio mulino a pietra permette di ottenere l'apertura di buona parte dello strato aleuronico, impregnando la farina con l'olio di germe, cosa che invece non avviene con la moderna macinazione a cilindri.






Perché si è passati all'uso di farine bianche raffinate?

è sicuramente una questione storico-culturale-economica la causa scatenante l’esasperazione di questa tendenza di fare farina non utilizzando tutte le parti del chicco.
A partire dal dopoguerra si è passati dalla produzione e consumo di farine integrali o semi-integrali al consumo e produzione di farine raffinate per un simpatico giochino di coincidenze che si sono rafforzate a vicenda.
  • Prima coincidenza: il progresso nelle tecniche di coltivazione del grano, che ha comportato aumento dell’uso di fertilizzanti e concimi chimici (oltre che maggiore meccanizzazione) e ha costretto a “regolare” la macinazione eliminando per sicurezza le parti esterne del chicco che potrebbero contenerne pesticidi.
  • Seconda coincidenza: il progresso tecnologico che ha consentito il perfezionamento delle tecniche di macinazione del grano e della sua trasformazione in farina.
  • Terza coincidenza: l’incremento demografico e dei consumi, che nel settore alimentare si sono tradotti nella necessità di mettere sul mercato quantità sempre più elevate di cibi a prezzi sempre minori: in sostanza l’industria alimentare ha dovuto adoperarsi per fornire “cibo per tutti, a basso costo” e quindi ragionare in termini di convenienza, più che di bontà organolettica e nutrizionale, nella scelta della materia prima.
  • Quarta coincidenza: il cambiamento dello stile di vita e delle abitudini alimentari degli italiani: il consumismo, l’introduzione dei nuovi elettrodomestici (frigo, forni, ecc), la necessità psicologica di dimenticare i tempi di miseria e tutto ciò che ne era simbolo (ad es. la farina “scura”/integrale) e di godere finalmente di tutte le comodità offerte dal progresso tecnologico (materie prime e cibi industriali compresi) hanno cambiato il modo di fare cucina e stare a tavola a favore di uno stile “sempre più fast e meno slow”, in cui il cibo preparato dall’industria alimentare è re della credenza, quale soluzione che soddisfa tutte le esigenze.
  • Quinta coincidenza, che ha fatto da “cerniera” e da motore/incentivo per tutte: la crescita della domanda ed il boom dell’industria alimentare, che ha trovato nella farina bianca/raffinata la materia prima che assicurava:
● un’ampia disponibilità di approvvigionamento,
● la risposta immediata al desiderio del consumatore finale di cambiare vita e alimentazione e nutrirsi dei frutti del progresso,
● un’ottimo argomento di marketing per trasformare tale desiderio in necessità e consolidare il successo delle vendite (lo stereotipo farina bianca = prodotto più pulito e più facile da digerire, seppur infondato, ha funzionato…),
● la convenienza economica e l’efficacia sia nella velocizzazione e aumento della produttività del processo, sia nel perfezionamento e standardizzazione del prodotto finito: farine sempre più specifiche e sempre più facili da utilizzare hanno consentito di semplificare ed accorciare i tempi di lavorazione e assicurare l’ottimizzazione e la costanza delle caratteristiche organolettiche del prodotto finito, senza dover avvalersi di addetti altamente specializzati.


Come faccio a sapere quale tipo di farina sto comperando?

La cosa migliore è chiedere i dettagli di composizione al Molino perchè può fornire la specifica di quante e quali parti del chicco sono presenti nello sfarinato.
Altrimenti si cerca la classificazione di legge scritta sul sacco ovvero i famosi numeri 00, 0, 1, 2,  ed "integrale".
Questi numeri indicano quanta (e solo quanta) porzione di strati esterni del chicco è diventata farina (il cd. tenore in ceneri): più elevato è il numero, più scura e ricca di elementi nutritivi è la farina.
La macinazione a cilindri è il sistema di macinazione industriale più diffuso.
Consiste nel polverizzare il grano, privato delle parti non commestibili e del germe, facendolo passare per una serie di cilindri rigati o lisci che spogliano il chicco strato per strato, in modo graduale, fino ad arrivare alla parte centrale amidacea.
Ad ogni passaggio di macinazione si ottiene uno sfarinato composto essenzialmente dallo strato del chicco che è stato levato.
Quando si arriva a macinare il cuore del chicco si ottiene la farina 00, la più raffinata.
Per ottenere una farina di tipo 0 o 1 o 2 o integrale si miscelano vari passaggi di macinazione in modo da ottenere il tenore in ceneri stabilito dalla legge.




Riportiamo di seguito una interessante intervista al Prof. Franco Berrino epidemiologo:

"La farina peggiore è sicuramente la 00, oppure la Manitoba, che si trovano al supermercato: quattro volte su cinque saranno d’importazione, macinate a cilindri, candeggiate, e ricavate da grani moderni che hanno un contenuto elevato di glutine. Si riconoscono facilmente perché sono bianche come la calce"

Farina 00: ‘Il più grande veleno della storia’. Perché fa male?

Quando mangiamo prodotti raffinati, tra cui il pane bianco, gli zuccheri presenti nel sangue aumentano improvvisamente e in maniera notevole e di conseguenza il nostro organismo produce più insulina, che porta all’incremento di grassi depositati e favorisce un rapido aumento di peso e di trigliceridi elevati. Tutto ciò può causare malattie cardiache. Inoltre, col passare del tempo, la produzione di insulina si blocca perché il pancreas è troppo carico di lavoro, provocando stati patologici come l’ipoglicemia e malattie come il diabete.
L’unico modo per ovviare al problema è consumare prodotti integrali, ma bisogna stare attenti! Perché spesso il pane integrale venduto nei supermercati è “finto” e lo si può riconoscere perché è più chiaro di quello “vero”. Negli scaffali dei supermercati troviamo anche altri finti prodotti integrali come pasta, fette biscottate, crackers e dolci. La maggior parte di questi viene prodotta aggiungendo alla farina 00 della crusca finemente rimacinata, che è un residuo della raffinazione.
E il danno provocato dai “finti prodotti integrali” è doppio, spiega Franco Berrino, perché “provoca l’indice glicemico alto della farina raffinata e l’effetto dannoso della troppa crusca, che è quello di ridurre l’assorbimento del ferro e del calcio“.
E in merito alla farina 00 biologica l’epidemiologo spiega:
Farina macinata a pietra
“Così si trova anche il paradosso assurdo del supermercato che ti vende la farina 00 biologica. Ma come si può sciupare un grano biologico per fare una farina 00? Se mangio la farina 00 posso prendere anche quella non biologica, tanto i pesticidi rimangono nella parte integrale, cioè nel germe e nella crusca, e dunque sono eliminati col processo di raffinazione che porta alla 00“.
Dunque la cosa ideale da fare, sempre secondo Berrino, è acquistare farina macinata a pietra dai mugnai oppure “acquistare grano biologico dai nostri contadini (possibilmente il grano duro, che ha un contenuto più basso di zuccheri) e macinarselo da soli. In casa“. Dove si compra il mulino? Su internet si possono trovare dei mulini a pietra di dimensioni ridotte e i costi vanno dai 300 ai 500 euro. Un investimento che in un periodo di crisi può essere gravoso per molte famiglie, ma che sicuramente farà risparmiare sia in salute che in denaro in future




Grani & Mais .....antichi... 

 

Conosciamo alcuni tipi di grani antichi:
In Italia esistono diverse specie di grani antichi, molti dei quali si sono formati spontaneamente in zone diverse per clima, temperatura, altitudine e tipologia di terreno.
Il più famoso è il farro e a livello nazionale anche:
il Saragolla,
la Tumminia,
il Gentil Rosso,
la Verna,
il Rieti,
il Grano Monococco,
il Senatore Cappelli.
Grano Antico Senatore Cappelli


Parliamo del Gentil Rosso:
è una varietà antica di grano, che veniva coltivata in Italia ad inizio 1900 ed è stata per 30 anni il grano più coltivato in tutta la penisola.
Ha una spiga abbastanza alta con un colore, quando matura, tendente al rossiccio.
Fu poi sostituita in favore di grani più produttivi e dalla spiga più bassa.
Come tutti i grani antichi ha un buon tenore di proteine, ma poco glutine, quindi a livello di sviluppo del pane è minore rispetto ai grani moderni avremo però un pane ben profumato e saporito.
Uno studio su varietà europee di frumento tenero (confronto tra 36 moderne e 50 antiche coltivate fino ad un secolo fa ) ha evidenziato una maggiore presenza di gliadine responsabili della celiachia nelle varietà moderne rispetto a quelle antiche.
Le varietà nuove, proprio perché selezionate per un tipo di agricoltura intensiva, richiedono elevati apporti di concimi chimici per poter aumentare il contenuto proteico, che inoltre è meno digeribile e meno equilibrato dal punto di vista nutrizionale.
Nei grani moderni la selezione è andata orientandosi verso l’aumento di contenuto in glutine tenace, ovvero di quelle glutenine che resistono bene alle lavorazioni industriali del pane, mantengono la struttura ma sono poco digeribili. 

 La differenza tra varietà moderne e varietà antiche per quanto riguarda il contenuto proteico non sta nella quantità ma nella qualità e nella varietà delle proteine: nei grani antichi è presente un’ampia gamma di proteine diverse, digeribili e nutrienti.
Nei frumenti moderni invece sono presenti pochi tipi di proteine ottimizzate per le lavorazioni industriali ma carenti dal punto di vista nutrizionale e pertanto difficilmente digeribili.
Inoltre le varietà antiche sono particolarmente ricche in sali minerali e metaboliti secondari.


Conosciamo alcuni tipi di Mais antichi:

Il mais appartiene alla famiglia delle Graminacee ed è una pianta annuale erbacea dal fusto o culmo diritto, di altezza variabile, da 2 a 3m.
Tipica pianta monoica (ovvero che porta sulla stessa pianta i fiori dei due sessi), all’estremità apicale del culmo porta il pennacchio cioè l’infiorescenza maschile, mentre all’ascella della quarta, quinta foglia dall’alto si trova l’infiorescenza femminile detta pannocchia costituita dal tutolo su cui si inseriscono ranghi di fiori che fecondati danno origine alle cariossidi.
 La pannocchia è avvolta da un cartoccio di foglie modificate che vengono tradizionalmente utilizzate per legare le pannocchie e appenderle per l’essiccazione.
Ogni varietà di mais si differenzia sia per l’altezza della pianta sia per la morfologia delle pannocchie e delle cariossidi.
Le cariossidi delle varietà antiche sono a frattura vitrea quindi adatte per la produzione di farina da polenta.
La pianta è originaria dell’America Centrale dove costituiva la base dell’alimentazione delle popolazioni indigene, tra cui i Maja e Aztechi, che la chiamavano “pane della vita”.
Giunse in Europa in seguito ai viaggi di Cristoforo Colombo e fu inizialmente utilizzata come pianta ornamentale, per poi diffondersi, verso la metà del Cinquecento, come vera e propria coltivazione soprattutto nelle regioni Balcaniche appartenenti allora all’Impero Ottomano. In Italia arrivò dai vicini Balcani e da ciò potrebbe derivare il nome di “granoturco” con il quale è comunemente noto il mais.
Nell’arco del tempo, da un attento lavoro degli stessi agricoltori all’interno delle aree di coltivazione, vennero selezionate delle varietà alcune delle quali giungono fino ai nostri giorni, eccole in una breve descrizione:
Pignoletto: Mais piemontese con cariossidi a forma di goccia, lievemente appuntite. Esistono due ecotipi: il pignoletto giallo e il pignoletto rosso la farina di quest’ultimo ha un sapore marcato, con punte lievemente amarognole.
Marano: Mais veneto, ha pannocchie di forma cilindrica, non più lunghe di 20 centimetri, con ranghi a spirale regolare, cariossidi di un colore rosso tendente all’arancione e tutolo completamente bianco.
Bianco perla: mais veneto; le pannocchie sono affusolate e lunghe anche 25 cm con grandi chicchi vitrei, bianco perlacei e brillanti da cui si ricava la farina per la polenta bianca
Storo: mais trentino; chiamato anche “oro rosso di Storo” per il colore rosso ramato delle pannocchie. 
Nelle regioni padane, particolarmente adatte alle sue esigenze pedoclimatiche, si diffuse rapidamente diventando base dell’alimentazione dei contadini di queste zone fino a circa la metà del secolo scorso.

Proprietà nutrizionali
La cariosside è costituita principalmente da amido, in minor misura da lipidi con acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi tra cui, in particolare, gli omega 3, fibra e alcune proteine, zeina e zeatina, che avendo un elevato contenuto di amminoacidi essenziali sono fondamentali per la formazione dei tessuti del corpo umano. Sono presenti anche sali minerali quali potassio, calcio, fosforo, magnesio, ferro, rame, zinco, e selenio e vitamine dei gruppi A, E e PP, sono invece meno rappresentate quelle dei gruppi B1 e B2.
Il colore della cariosside è dato dai carotenoidi, tra cui la zeaxantina che ha azione antiossidante.
La farina di mais essendo priva di glutine può essere utilizzata per l’alimentazione dei celiaci.
Con la macinatura delle cariossidi del mais si ottengono farine a diversa granulometria impiegate soprattutto nella preparazione di polente.
Dai nostri mais antichi si ottiene una farina gialla punteggiata di rosso e aranciato, di media finezza da cui si ricava una polenta ben strutturata, con un aroma intenso e un sapore deciso, con un retrogusto appena amarognolo per la presenza del pignoletto.
 

 Il Grano Saraceno 

 
Il grano saraceno, (Fagopyrum esculentum), è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Polygonaceae e non, come molti erroneamente credono, a quella delle Graminacee, considerandolo un cereale. La pianta è originaria dell’Asia e fu introdotta in Europa ad opera dei Turchi durante il periodo medioevale.

La pianta può raggiungere il metro di altezza ed i suoi chicchi hanno una curiosa forma triangolare. La raccolta si esegue quando i chicchi del grano cominciano ad assumere una colorazione marrone scuro dopodiché vengono lasciati ad essiccare al sole per circa una ventina di giorni prima di essere trebbiati.
Il grano saraceno viene spesso scambiato per un cereale ma, in realtà, il suo seme appartiene alla stessa famiglia del rabarbaro e dell’acetosa. Scopriamo alcune delle caratteristiche di questo importante alimento.
Coltivazione:La pianta non sopporta il freddo eccessivo e per questo motivo ha bisogno di essere coltivata nei mesi che vanno dalla primavera all’autunno. Il suo ciclo biologico è particolarmente veloce, se seminato a luglio giunge a maturazione in ottobre. La sua colorazione diventa marrone scuro e sta ad indicare che i chicchi sono pronti per la mietitura.



Proprietà e Benefici del Grano Saraceno

Non Contiene Glutine Il grano saraceno, sotto forma di farina, è molto indicato nella dieta delle persone che soffrono di celiachia, in quanto non contiene assolutamente glutine. Con la sua farina si preparano pasta, polenta e pane che possono appunto essere consumati dai celiaci con buoni benefici per la salute.
Alto Valore Proteico Il consumo di grano saraceno, grazie al suo alto valore proteico simile a quello della carne e della soia, è consigliato anche in caso di deperimento fisico e, grazie alle proprietà di una sostanza chiamata rutina, per conservare l’elasticità dei tessuti dei vasi sanguigni.

Pressione Sanguigna Il grano saraceno contiene una buona quantità di magnesio, una sostanza utile per regolare la pressione sanguigna.

Ha proprietà diuretiche in grado di eliminare i liquidi in eccesso dalle zone gonfie del corpo, pulisce e rafforza l’intestino e migliora l’appetito. Grazie al suo alto contenuto di vitamine del complesso B, è consigliato per persone che soffrono di disturbi al fegato.

Proprietà Digestive Il grano saraceno è ricco di fibra alimentare, solubile ed insolubile che favorisce il transito del cibo nel tratto intestinale prevenendo la stitichezza e favorendo la digestione.

Riduce il Colesterolo La fibra alimentare non ha solo proprietà digestive ma, legandosi alle sostanze nocive ne favorisce l’espulsione dall’organismo. Lo stesso effetto si ha con il colesterolo cattivo LDL che viene assorbito in modo minore nel colon contribuendo così a ridurne i livelli nel sangue. Grano Saraceno: proprietà e benefici

Grano saraceno in cucina:È preferibile acquistarlo in confezioni sigillate infatti, all’aria aperta, questo tipo di alimento si deteriore molto facilmente.
Sempre meglio all’acquisto controllare l’origine del prodotto che spesso proviene dalla Cina e la cui qualità è senza dubbio inferiore al grano saraceno prodotto in Italia.
In Italia il grano saraceno viene coltivato soprattutto in Valtellina e nel Sud Tirolo. La sua farina è utilizzata nella preparazione di piatti tipici della zona come la polenta taragna ed i pizzoccheri.
Con la farina di grano saraceno si possono preparare gustosissimi dolci a base di frutta secca e deliziosi primi come le lasagne.






 




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giovedì 19 dicembre 2013

Funzionamento del Mulino Ripamonti



Il sito della ruota del mulino Ripamonti

Cambiarono i materiali, dal legno al metallo, ma le grandi ruote continuarono a girare, lente e sicure, al ritmo dell’acqua che ad esse era condotta; plàcide e tranquille, come sagge custodi di un sapere antìco e paziente; un po’ sornione e forse, a volte, quasi divertìte nell’assistere all’affanno, in alcuni casi maldestro, di coloro che ne volevano carpire i segreti più profondi...
     
L'attività di mugnai (o molinari) da parte dei Ripamonti inizia nel lontano 1863 quando il Mulino era azionato da due ruote in legno ognuna delle quali faceva girare un palmento o coppia di macine una dedicato alla frantumazione della farina e una al granoturco.
Le ruote a pale azionate dall'acqua della roggia avevano un diametro di 2,50 metri ed erano composte da 28 cassette di 65 centimetri  di larghezza.
Targa all'ingresso del  Mulino Ripamonti

Il 6 Luglio 1890 Dazio Ripamonti decide di ammodernare la macchina molitoria e renderla più funzionale e produttiva sostituendo le due ruote in legno con una unica ruota più grande in ferro.
Ordina quindi alla Ditta Meccanici Scola di Vercurago la realizzazione di una ruota di 6 metri di diametro e 110 cm di larghezza da collocare fra il muro del mulino e quello del fienile appoggiandola su due enormi blocchi di granito.
La ruota con tutti i meccanismi di collegamento avrà un costo complessivo di 1275 Lire che verranno versate in tre rate.




Ecco come il mugnaio faceva funzionare il mulino.
...saliva sulla scala che portava alla saracinesca per regolare il flusso di acqua della roggia.(Maggiore o minore altezza a secondo della velocità che desiderava imprimere alla ruota che azionava le macine.)
L’acqua si immetteva su una canalina I (canàa), che la faceva cadere sopra la ruota a pale H (röda), che cominciava a girare. All’interno del mulino, un albero G di 4,5 metri ruotava solidale ad una ruota denominata "lubecchio" F, con 36 denti in legno di corniolo (curnàa).Essa agiva come in ingranaggio su un perno  denominato rocchetto o lanterna E formata da 8 denti , che trasmetteva il moto rotatorio orizzontale alla macina B (marna), appoggiata sopra la mola C (möla).
La coppia di macine triturava il grano che cadeva dalla tramoggia A (tramögia), un grande imbuto di legno, dove il mugnaio aveva svuotato il sacco (sach) di grano (oppure frumento, segale, mais, miglio, farro...) da macinare, sollecitato da un apposito legno incavato (ruchèl) o da un batiröö.
Mulino Ripamonti
Delle macine fuorusciva la farina, raccolta e convogliata da un canaletto 4 (buchéta) cadeva nel buratto 5 (büràtt): un setaccio a forma di parallelepipedo esagonale, montato sopra una cassa. Tramite un sistema di cinghie e pulegge esso era raccordato all’asse principale, così che girava di continuo  percosso sugli spigoli da un battacchio pendente (batarèl) che favoriva la caduta della farina nel cassone.
Il tutto veniva raccolto in una bacinella di legno 6 (baslòtt) che poi l mugnaio travasava nei sacchi. 
La crusca (crüsca) non filtrata tracimava dai lati del buratto e si raccoglieva in un recipiente a parte.
Un campanellino (ciuchìn) sospeso ad una corda pendente da un sistema di leve segnalivello, si abbassava man mano che la tramoggia si svuotava, e quando non c’era più granaglia toccava il fondo appoggiandosi sulla macina, così che suonava richiamando l’attenzione del mugnaio per avvertirlo che il primo carico era stato completamente macinato.
Per ottenere farine ottimali, c’erano mole adatte per il grano e altre per il granturco. Queste differivano nelle scanalature che erano tracciate su di esse.
Questi solchi, che si trovavano tracciati come tanti raggi radiali su un lato della pietra, erano ottenuti per battitura, operazione che periodicamente il mugnaio doveva fare con un particolare martello, in modo da ottenere dalla mola un prodotto farinoso e costantemente omogeneo.




I palmenti del Mulino Ripamonti erano posizionato sul "castello" struttura in legno di larice tuttora ben visibile e conservata sotto la quale ruotavano gli ingranaggi a ruote dentate misto ferro/legno.

Schema di funzionamento del Mulino ad acqua



Solamente i mulini di grandi dimensioni come il Mulino Ripamonti, avevano due palmenti, questo consentiva al mugnaio di lavorare il doppio del prodotto oppure macinare contemporaneamente prodotti diversi.


Sezione del Mulino Ripamonti























Elementi costruttivi di un mulino ad acqua

Albero
E' l'asse di rotazione orizzontale, è detto anche albero motore in quanto, oltre a fare da perno per la ruota di forza, trasmette il movimento agli ingranaggi di distribuzione.

Corone
Innestate nelle razze, sono la base di appoggio e sostegno delle pale. Come minimo troviamo quattro assi tagliate a quarto di cerchio a formare un cerchio intero, ma più spesso si tratta di una serie di tavolette a formare il cerchio tramite un sofisticato sistema di incastri ed innesti.

Pale
Le assicelle trasversali innestate sulle corone adatte a sopportare la spinta dell'acqua.

Cassette
Nelle ruote alimentate 'dal di sopra' sono delle assicelle opportunamente sagomate e a tenuta d'acqua, atte a raccogliere l'acqua dall'alimentazione nella parte sopra della ruota e scaricarla nella parte sotto.
Derivazione e regolazione del flusso d'acqua

Presa

E` l'opera muraria a monte di tutti manufatti costruiti per far funzionare il mulino, e serve ad innestare e ad alimentare la canaletta artificiale di trasporto dell'acqua verso le ruote. Si tratta in genere di una diga di sassi, muretti a secco oppure ancora di tronchi di legno, edificata allo scopo di innalzare il livello d'acqua e allo stesso tempo catturare la quantità d'acqua guista e il più possibile con portata costante e scolmare l'acqua in sovrappiù.


Presa d'acqua sopra il Mulino Ripamonti


Paratoia o saracinesca 
Valvola, spesso in legno, in epoche più recenti in ferro, che tramite un meccanismo a leva o a vite, permette di regolare la quantità d'acqua da far convogliare nella canaletta.
Canale o canaletta
Detto anche roggia, è il canale artificiale che trasporta l'acqua dalle prese al sistema di distribuzione verso le ruote. Poteva essere una trincea scavata sul terreno, una canaletta di mattoni o muratura, oppure ancora in legno.


Serranda
Altro tipo di valvola, con funzione di regolazione dell'acqua, ma in questo caso è posta sopra la doccia finale di alimentazione della singola ruota e tipicamente era azionata da un meccanismo a leva manovrabile direttamente dall'interno dell'opificio. L'acqua in più, o nel caso che si dovesse fermare e non alimentare la ruota, viene scaricata direttamente nel canale di scarico, baypassando la doccia di alimentazione.
Doccia Dopo la suddivisione e la regolazione tramite le serrande, è il tratto finale di canaletta indirizzato a colpire in modo adeguato le pale o ad alimentare le cassette.
Particolare delle serrande di regolazione dell'acqua da far scorrere nelle 'docce' di alimentazione delle ruote. Il meccanismo in questo caso è a leve, ma poteva anche essere azionato con corde e tiranti. Generalmente la regolazione avveniva direttamente dall'interno dell'officina in modo da modulare con precisione le necessità del lavoro.


Canale di scarico
E' il manufatto, praticamente il proseguimento della roggia, che permetteva lo sfogo dell'acqua dalle pale al torrente o fiume di alimentazione, restituendogli l'acqua prelevata per il lavoro.
Meccanismi interni nel mulino o nei magli
Castello Nei mulini di macina per granaglie, è l'impalcatura della struttura interna, prevalentemente in legno, che sostiene tutti i meccanismi rotanti.
Nella parte inferiore si trovano gli ingranaggi e le ruote dentate; spesso la struttura è chiusa a protezione dei lavoratori. Nella parte superiore, o sopra a formare un vero e proprio pavimento rialzato, sostiene le macine e gli strumenti di alimentazione della macina e la raccolta delle farine.Tramite i vari meccanismi e ruote dentate, una singola ruota poteva muovere più macine, mentre nel caso vi fosse installato anche un pilaorzo erano necessarie due ruote esterne, in quanto il pilaorzo richede una velocità di rotazione notevolmente diversa dalle macine.



Ruote dentate o lubecchi
 E' un meccanismo a ruota, posto tipicamente sotto il palco, che permette la variazione del moto da verticale della ruota a pale ad orrizzontale sugli assi delle macine. Serve anche, a seconda del diametro e del numero di denti, alla variazione di velocità tra i vari elementi. Il disco della ruota presenta una serie di denti, anticamente in legno poi in ferro, di particolare forma e sezione adatti ad innestarsi alla corrispondente ruota che riceve il moto.



Lanterna
Altro tipo di meccanismo per il passaggio del moto da un albero rotante ad un altro. A differenza del lubecchio, la lanterna anziché presentare dei denti assomiglia molto di più, ma molto più piccola, ad una ruota a pale.Anziché pale sulla corona della ruota sono innestate delle traversine cilindriche, dette fusoli, in legno atte a ricevere l'innesto dei denti della ruota dentata accoppiata.L'accoppiamento di queste due ruote di diverso diametro permette quindi di variare in maniera prefissata la velocità di rotazione dei due alberi.

Nottola
Lastra in ferro sagomato a farfalla, con in centro un foro che va ad incastrarsi sull'asse dell'albero proveniente dalla lanterna. Si trovava sul pavimento del castello ed aveva la funzione di sostenere il grosso peso delle mole ed evitare gli attriti tra le parti in legno.
Temperatoia
Meccanismo a leve che serve a modificare la distanza, l'aria, tra le due macine, permettendo, entro certi limiti, di variare il tipo e la grossezza del macinato.



Macine
La macina è formata da due mole dette anche palmenti fatte di grosse pietre (originariamente monolitiche) di forma circolare, di notevole diametro e conseguentemente di grande peso. La mola inferiore era fissa e poggiava sulla nottola del pavimento, quella superiore girava azionata dall'albero di forza, aveva inoltre un foro centrale attraverso il quale veniva fatto scendere il grano, regolato dalla tramoggia. Le macine erano fittamente incise con canalette dall'interno all'esterno, che andavano periodicamente revisionate, e a seconda della profondità, la forma, il numero delle razze e la finezza del taglio, erano adatte ai vari tipi di granaglia e alla grossezza delle farine che si volevano ottenere.


 
Tramoggia
Cassetta quadrangolare in legno, che si restringe ad imbuto verso il basso, e racchiude il grano da macinare. E' posizionata sopra la mola in corrispondenza del foro di alimentazione. La quantità da far scendere è regolata da una piccola valvola in legno. Un ingegnoso sistema collegato alle mole, permetteva di trasmettere le vibrazioni del moto delle ruote alla tramoggia, con lo scopo di favorire la discesa uniforme del grano.


Arganello
Paranco, tipicamente con sistema a vite, agganciato al soffitto dell'officina adatto a sollevare la parte superiore, mobile, delle macine. Con il lavoro le mole si usuravano rapidamente e non macivanano più con cura il grano, il mugnaio doveva periodicamente revisionarle, anche ogni paio di settimane nei periodi di intenso lavoro. L'operazione era detta battere mola e consisteva nel riscolpire le incisioni, scalpellatura, sulla superficie di pietra della mola

   


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