Famiglia Ripamonti Dazio mugnai dal 1863 |
E’ Dazio Ripamonti che il 15 Settembre 1863 con scrittura privata inizia l’attività di mugnaio prendendo in affitto dal Sig. Andrea Angeloni di Mandello un “mulino per macina di grano” ad un canone complessivo di Lire 420 che come cita la scrittura privata dovrà essere pagato in due rate la prima il giorno di San Pietro la seconda il giorno di San Martino.
Il Mulino viene poi definitivamente acquistato il 30 Aprile 1890 per una cifra pari a 5500 Lire.
Per dare un'idea del costo si può fare riferimento con quanto un operaio guadagnava al giorno: 1.30 Lire e che in un anno ne spendeva 145 per la farina. (dati rilevati dal primo censimento fatto nel 1891).
Il Mulino viene poi ceduto ai figli Bartolomeo e Maria che lo terranno in funzione sino al 1940.
A differenza di altri mulini presenti nella zona quello dei Ripamonti è di dimensioni molto grandi difatti esso è composto da due palmenti (coppie di macine) e l'attività di mugnaio è svolta come lavoro vero e proprio.
La caratteristica del mugnaio
Legato al suo mulino, è un elemento indivisibile e determinante di esso. Il mugnaio, oggetto di tanti canti popolari e di simpatici e, a volte, salaci aneddotti, che la trdizione presenta sempre infarinato e ricurvo sulle macine per percepirne il più piccolo rumore sospetto. Mentre la mola gira, ad intervalli regolari, stendeva la mano verso l’uscita del macinato per prendere un po’ di farina e farla scorrere tra le dita ormai esperte per capire se le macine eseguivano alla perfezione il loro lavoro. Egli si muoveva a suo agio all’interno del mulino la cui conduzione richiedeva sensibilità, attenzione e molte competenze. Percepiva e valutava ogni minimo rumore non consueto delle macine e degli ingranaggi ed era subito pronto ad intervenire per correggerlo.
Deve regolare le macine, riempire la tramoggia, e regolare l’uscita del prodotto dalla stessa.
Doveva tenere efficiente ogni ingranaggio, martellare periodicamente la superficie delle macine, e fare in modo che la ruotante si trovava in perfetto equilibrio ed alla giusta distanza con la “dormiente”.
La distanza fra le due macine, infatti, è solo di qualche millimetro ed il loro contatto avrebbe bruciato la farina. Spettava a lui controllare la qualità dei cereali da macinare, perché senza cereali di prima qualità era impossibile produrre buon pane.
Le sue conoscenze specialistiche gli consentivano di programmare, governare e sorvegliare tutte le fasi di lavorazione che trasformavano i creali in farina ed era lui che si assumeva la responsabilità del corretto svolgimento del processo di macinazione e del controllo finale sulle farine prodotte.
Doveva sostituire le pale rotte, tenere pulite le gore, ungere gli ingranaggi e riparare i danni.
Doveva effettuare da solo anche tutte le riparazioni necessarie, sia murarie, che meccaniche e idrauliche.
"Leggi severe regolavano l’uso del mulino: il grano veniva pesato prima della macinazione e, una volta trasformato in farina, si procedeva a pesarne i sacchi. Al proprietario del grano veniva restituita la corrispondente quantità di farina, decurtata del quantitativo trattenuto dal mugnaio come prezzo del suo lavoro."
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